Colorado – “Shining” (Stephen King)

Nel salone da ballo dell’ala est erano in corso contemporaneamente una decina e più di riunioni d’affari diverse, con uno scarto temporale di pochi centimetri l’una dall’altra. Ed era in pieno svolgimento un ballo in costume. C’erano serate di gala, ricevimenti nuziali, feste di compleanno e anniversari di matrimonio. Uomini che parlavano di Neville Chamberlain e dell’arciduca d’Austria. Musica. Risate. Euforia. Isterismo. Di amore, poco: ma si avvertiva una corrente sotterranea di sensualità. E Jack riusciva quasi a udirli tutti assieme, nell’atto di vagare per l’albergo, e davano luogo a una gradevole cacofonia. Nella sala da pranzo dove si trovava ora, colazione, pranzo e cena di un arco di tempo di settant’anni venivano serviti simultaneamente proprio alle sue spalle. Poteva quasi… ma no, sgombriamo pure il campo da quel quasi. Li sentiva proprio, per ora deboli, ma chiari: allo stesso modo in cui si può udire il tuono a chilometri di distanza in una calda giornata estiva. Li sentiva tutti, gli splendidi sconosciuti. Si accorgeva della loro presenza, come loro avevano avvertito la sua fin dall’inizio.
Tutte le camere dell’Overlook erano occupate, quella mattina.
Tutto esaurito.

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