Io vado dal parrucchiere dei VIP

L’altro giorno mi volevo fare un tatuaggio. È una decisione così indelebile (nel vero senso) che potrebbero volerci dei mesi, forse anche degli anni.

Anche se l’uomo del monte dice sì (dove l’uomo del monte sono io), poi c’è da pensare al soggetto del tatuaggio, non è che mi vado a far scrivere il nome in arabo e finisce lì. Insomma, per farla breve, la seconda puntata del mio periodo tatuato potrebbe arrivare sui vostri schermi tra molto molto tempo, o forse addirittura mai.

Ieri però mi sono tagliata i capelli e non è cosa da poco dato che l’ultima volta somigliavo terribilmente alla Franzoni e non so se mi sono ancora ripresa.
Ero lì all’Oberholz che combattevo con una connessione internet imbarazzante e con il desiderio di prendermi una spremuta e mi sono detta: “Cosa faccio, spendo 5 euro per un’arancia pressata o ne spendo 10 per tagliarmi i capelli?”

Risultato: dopo un paio d’ore avevo due nuove amiche. Ve le presento, si chiamano “sete bestiale” e “frangia”, detta “pony”, detta anche “francia” per ovvie questioni di pronuncia teutonica.

È stato a quel punto, mentre guardavo la mia testolina “sfilata” con un ghigno poco convinto, che ho riflettuto su due questioni fondamentali della vita parrucchieristica di una donna.

1) Il diritto di insultare la parrucchiera, troppo spesso negato.
Qualcuno ha mai effettivamente detto alla parrucchiera che “NO, non mi piace, mi fa schifo, ti avevo detto una spuntatina, DEFICIENTE, e adesso dove vado io in giro conciata così?”.
Personalmente, ieri ero abbastanza soddisfatta del risultato, però molte volte mi sono trovata con la voglia di inchiodare al bancone le mani di colei che mi aveva sfregiato. L’ultima, a Parigi nel 2008 quando ho chiesto un taglio à la Vic Berreton e mi sono ritrovata la testa di Enzo Paolo Turchi.


2) Il giorno dopo.
Vogliamo parlare dell’ansia che prende anche le amanti più incallite del cambio di pettinatura quando devono affrontare amici, colleghi, compagni di scuola?
Un attimo prima, il dubbio: faccio finta di niente e mi stupisco di questo caschetto che mi è spuntato nottetempo oppure entro con un sorriso smagliante in attesa di ovazioni e complimenti? E in entrambi i casi, non è sempre una colossale figura di merda?
Come riuscire a mantenere la dignità di fronte al tuo capo che ti dice “OOOOHHH, ma qui qualcuno si è tagliato i capelli?” con lo stesso tono che ha usato mezz’ora prima con il figlio di 4 anni? Come non arrossire? Come evitare di dare spiegazioni assurde tipo “Mi annoiavo, il negozio era lì e ho pensato che mi potevo anche tagliare i capelli” (che poi è esattamente quello che ho detto)?

Domande senza risposta. Io, nel dubbio, mi consulto con la francia.