Le magliette dei viaggiatori

Le cose materiali a cui tengo sono veramente poche: nel corso di questi -quasi- trentadue anni di vita, ho cambiato casa diciannove volte, spostandomi attraverso cinque stati, due continenti e sette città.
Per forza di cose, i miei averi sono stati filtrati ogni volta attraverso uno scolapasta emotivo:
“Questo mi serve? Questo da quanto non lo uso? Questo si aggiusterà? Questo…cos’è?”

Alla fine, quello che possiedo -e che si può toccare- è poca cosa e spero, con il tempo, di ridurre sempre di più ciò che mi appesantisce e rallenta.
Quello che, invece, è aumentato a dismisura è l’altro bagaglio, quello che contiene solo le cose significative: ricordi, musica, sorrisi e odori -certo- ma anche quei pochi averi materiali di cui vi parlavo e che si compongono principalmente di fotografie, libri, t-shirt, vestiti vintage (o fatti a mano) e pochi gioielli che non levo mai, neanche per dormire o fare il bagno.
E i tatuaggi: che non pesano niente e sono più preziosi di qualsiasi gioiello sbrilluccicante. Fanno un po’ male…ma meglio: così c’è più soddisfazione.

Dei vestiti che possiedo, posso dirvi vita, morte e miracoli, soprattutto perché -per la maggior parte- sono stati trafugati dal guardaroba di mamma/papà/sorella/nonne. Se non me li ricordo, lo scolapasta non li lascia passare.
La stessa cosa vale per le magliette, acquistate ai concerti o in occasione di viaggi speciali.
Poi c’è la tecnologia: macchina fotografica, kindle, ipod, computer e smartphone (ma questi ultimi solo per comunicare, dato che ho deciso di liberarmi di quasi tutti i social network – magari ve lo racconto un’altra volta).
Infine, appoggiato in cima alla valigia perché non si rompa, c’è il mio ukulele giallo.

Per farla breve, il mantra è questo: se è una cosa che posso portare dietro senza fatica, se mi ricordo dove l’ho acquistata e per quale motivo, se mi emoziono perché si tratta di un regalo di una persona speciale…allora viene con me.
Altrimenti, ciao.

Bene.
Oggi vi voglio presentare la new entry nella scuderia degli averi di inestimabile valore.

È una maglietta, ha una bellissima storia e arriva come regalo da due persone speciali. I requisiti ci sono tutti.

Irene e Silvia sono due viaggiatrici incallite che hanno pensato di mettere su stoffa la loro contagiosa voglia di esplorare e scoprire nuovi posti (e tra l’altro sono state le primissime clienti di bookstee!)
Un paio di settimane fa, mi hanno inviato una mail, chiedendomi di scegliere tra quattro diverse interpretazioni del viaggio.

Perché ho scelto proprio “wanderlust”?

Per il mappamondo.
Subito mi è venuto in mente il vecchio trabiccolo di legno che c’è a casa mia, regalo di mio nonno Carlo a mio papà.
Io ci ho sempre giocato, camminandoci sopra con le dita, leggendo i nomi di paesi e città -Nuova York e Canadà- e annusando il profumo di colla e carta.
È stato proprio grazie al mappamondo, infine, se ho imparato inconsapevolmente a fischiare: lo facevo girare fortissimo, imitavo il rumore del vento e un giorno, per caso…sorpresa, è uscito un suono!
Non potevo avere dubbi.

Dimenticavo: il progetto di Silvia e Irene si chiama “Ink your travel”.
Qui sotto, potete vedere la mia t-shirt in tutta la sua bellezza, mentre fa la conoscenza di alcuni dei suoi nuovi amici di inestimabile valore.
[La mia faccia non è inclusa -ma credetemi, sto sorridendo!- perché era una di quelle domeniche piovose in cui si passa da “essere ancora in pigiama” a “essere già in pigiama”: se solo l’inquadratura fosse più ampia, vedreste i miei gloriosi e fidati pantaloni quadrettati blu oltremare. La t-shirt è stata indossata solo per la foto.]

ink your travel : wanderlust

PS: il braccialetto è stato acquistato a Mostar, nel 1988, quando la Jugoslavia era ancora un paese solo, e gli anelli sono doni del paziente Alessio. E poi c’è lui: il mio ukulele giallo senza nome. Suggerimenti?