Il mio 2011 in libri

Da giorni, in qualsiasi blog imperversano classifiche di tutti i tipi: i migliori album musicali del 2011, le foto più significative dell’anno appena trascorso, le canzoni del cuore…potevo forse esimermi? Io, proprio io che sono sempre sul pezzo?

Direi di no. 
Escluse le top ten musicali  (ascolto musica ma non mi ritengo abbastanza esperta da stilare una classifica rigorosa), esclusi i momenti topici/salienti/emozionanti del 2011 non perché non ce ne siano stati, ma semplicemente perché in queste cose non sono assolutamente oggettiva e finirei per dilungarmi, esclusi i fashion top trend perché mi vesto come voglio e non mi interessa particolarmente…che cosa rimane?
Che domande. LIBRI.

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Se niente importa, perché mangiamo gli animali? (J. Safran Foer)

La prima cosa che mi chiedo riguardo a questo libro è: davvero le persone lo leggono e, nonostante ciò, continuano a mangiare carne e tutto il resto?

Arrivano all’ultima pagina, lo chiudono, lo ripongono sulla libreria e finisce lì?

Se è così, esistono solo due spiegazioni:

1) Le persone hanno una memoria così labile, che dimenticano tutto nel giro di 286 pagine
2) Le persone, di base, sono invariabilmente e inevitabilmente crudeli e menefreghiste

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A tutti gli Zorro sfortunati

Stamattina ho finito di leggere un altro libro -molto breve- che raccontava la piccola storia di un barbone e del suo cane Zorro. (ve ne parlerò prossimamente)
Poi ho affrontato il gelo berlinese con una pioggerellina finissima e penetrante e sono arrivata in ufficio, al caldo, dove mi sono preparata un té bollente e ho acceso il riscaldamento a 5/5. Mentre rispondevo alle mail dal mio MacBook (mi è bastato chiederlo al  capo e dopo un giorno già ce l’avevo fiammante sulla scrivania), è arrivato l’ennesimo pacco da Amazon.

Poi ho letto un post di Alessio su una bella cosa che ha fatto per questo Natale e mi è ritornata in mente la storia del barbone e del suo cane Zorro.

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Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie (G.Marcenaro)

Stamattina, mentre facevo colazione, ho finito di leggere “Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie” di Giuseppe Marcenaro, il mio secondo esperimento nell’avventura Amazon.

I cimiteri mi piacciono, tanto. Mi piacciono se sono decadenti, mi piacciono se sono pieni di tombe quasi accavallate una sopra l’altra e mi piacciono ancora di più se le lapidi sono grandi e raccontano in latino, o in qualsiasi altra lingua, la storia dell’abitante di un paio di metri sotto. Mi piace calcolare l’età dei cari estinti, mi piace scoprire se sono nati in estate o primavera e capire se il giorno della loro morte avevano già compiuto gli anni. Quando vado a visitare una città nuova, mi informo immediatamente sulla presenza del più vecchio camposanto a disposizione e ci vado a fare una passeggiata: cerco eventuali ospiti celebri e mi chiedo che cosa avrebbero detto gli inquilini del posto accanto se avessero saputo dove avrebbero trascorso il resto dell’eternità. I cimiteri mi impressionano molto, anche. Vi è mai capitato di visitare Père Lachaise e di trovarvi di fronte a tombe sfondate con bare quasi in bella vista, oppure oscuri sepolcri con le loro porticine di ferro accostate? Che paura, vero? Read more

Traumi infantili

Stamattina mentre mi infilavo i calzini ho pensato ai traumi infantili. Perché?
Semplice: uno dei principali traumi che ha per sempre minato l’innocenza della mia infanzia e che ancora oggi mi costringe a comportarmi in modo strano e ossessivo malgrado la veneranda età, è proprio legato a un paio di calzini.

Voi sapete che quando si stende la biancheria ad asciugare al sole è possibile che alcuni insetti decidano di farsi un sonnellino proprio tra le vostre mutande e le magliette della salute, vero? Bene. Nell’umido nordest alla fine dell’estate, alcuni insetti in particolare hanno questo simpatico vizietto. Cimici. Verdi, grosse, rumorose, con quella loro corazza croccante che le fa assomigliare a tanti cavalieri puzzolenti e con la testa piccola. Tra parentesi, nel nordest, dove si svolge questa storia, le cimici vengono chiamate al maschile, I cimici, col risultato che per anni e anni ho pensato che LE cimici al femminile fossero le microspie dentro i telefoni della DDR.

Ma torniamo a noi perché non è questo il mio terribile trauma. (anche se è paragonabile al momento in cui ho scoperto che scalfittura si scriveva con due “t” anziché una. Non fatemici pensare)

Succede che un mattino, prima di andare a scuola, mi vesto e mi infilo un bel paio di calzini di spugna bianchi con la riga verde acqua, di quelli che piacciono tanto ai ragazzi delle scuole medie, e per tutta la giornata vengo perseguitata da un terribile odore cimicesco di provenienza ignota, quello tipico che non so descrivere in nessun altro modo. Per tutto il giorno.
“E’ periodo di cimici, è normale sentire questo odore” mi rassicuravano.

E invece no.

Quando di sera finalmente decido di togliermi scarpe e calzini, scopro la terribile verità. Una povera cimice che aveva scelto quel calzino per riposarsi quei dieci minuti al sole, aveva trovato tragicamente la morte tra il mio piede sudaticcio e la spugna, spappolandosi tra le mie dita e spalmando per tutto il giorno la sua puzza malefica tra piede, scarpa e calzino…che da allora non sono mai più stati gli stessi.

Da quel lontano settembre del 1996  non mi sono MAI PIU’ infilata un calzino, senza prima metterci dentro una mano a controllare la presenza di eventuali ospiti di passaggio. (ed ecco perché stamattina durante la “manovra”, ho riflettuto sulla potenza dei traumi infantili).

Una donna praticamente rovinata. Da UN cimice.

Vasca da bagno-doccia: 10-0

Qui Berlino, un ferragosto né festivo né estivo, freddo. Se non fosse che comunque siamo ad agosto, direi che è un cielo da neve, perché è completamente bianco e immobile.

E’ la tipica giornata in cui vorresti stare a casa a leggere sorseggiando una tazza di cappuccino solubile “ja!” (brand tedesco)…magari immerso in una vasca da bagno piena di acqua rovente. Tasto dolente, tanto per fare la rima.

Tutti quelli che vanno all’estero, dopo un po’ iniziano a lamentarsi perché nei bagni tedeschi, francesi, inglesi, americani (e di ovunque tranne che in Italia insomma) manca il bidet. “Ma come fanno? Ma che incivili ma non si lavano?” e così via. A tal proposito, vi invito a leggere questo interessantissimo contributo  che ho riportato sulle pagine di Nuok qualche mese fa.

In realtà, la necessità aguzza l’ingegno, l’occasione fa l’uomo ladro e chi va con lo zoppo impara a zoppicare…fatto sta che, come già dicevo nell’articolo citato, è quando qualcosa manca che se ne apprezza davvero l’utilità e io sospiro al pensiero della mia vasca da bagno che mi attende invano, vuota, in Italia. (sì sì…mi manca anche il bidet)
Se è vero che ci sono due fazioni (bagno vs. doccia), io sono indiscutibilmente dalla parte degli spreconi (di tempo e risorse naturali).
Se mi faccio la doccia di sera mi sveglio e non dormo più, se me la faccio di mattina mi prende un torpore che poi non mi abbandona per tutto il giorno. Mi cadono le cose, prendo botte in testa sull’affare di ferro che tiene il telefono, non trovo la temperatura…e poi sarà mica rilassante stare lì in piedi, attenti a non allagare il bagno, con la tenda di plastica che non sta mai ferma e cerca in ogni modo di attaccarsi alla tua schiena?
(Doverosa premessa: è mia forte convinzione che le tende da doccia, sempre così umide e ripiegate su se stesse, nascondano colonie di funghi e batteri, alghe e altre forme di vita letali per l’uomo. Prima regola del Fightclub: non toccare mai la tenda della doccia)

La vasca da bagno, invece, è rilassante, comoda e mai noiosa: puoi leggere, fumare (quando fumavo, erano le sigarette migliori), usare maschere per capelli e per la faccia, farti le unghie, dormire, telefonare, e anche studiare.
Ho preparato decine di esami dalla vasca da bagno e se avessi avuto un computer subacqueo e non avessi avuto paura di rimanere folgorata dalla corrente, probabilmente ci avrei anche scritto la tesi.

La vasca da bagno, al contrario di come molti pensano, non è uno spreco: è ottimizzazione, è ingegno, è SEO.

Dopo il partito “NO agli articoli sulla vita amorosa di Federica Pellegrini” e “NO a Zac Efron nel remake di Dirty Dancing, anzi NO al remake di Dirty Dancing“…è l’ora del partito degli “Amanti delle vasche da bagno“.

Estimatori delle mani “lesse” e della pressione che si abbassa appena riemergi dopo 8 ore di acqua bollente e che ti fa vedere tutto nero per qualche secondo, siete con me?

Io voglio vivere A MOLLO!!! ( o ammollo, si può dire in entrambi i modi)

Molto immatura

Era da tanto che lo volevo scrivere.
Non ho mai creduto al concetto dei sogni ricorrenti, per il semplice fatto che i soggetti dei simpatici appuntamenti onirici  sono sempre cadute da altezze vertiginose  oppure discorsi in pubblico interrotti dalla tremenda consapevolezza di essere in mutande. Ma è possibile che tutti sognino la stessa cosa? Io non ci credo e non ci ho mai creduto.

Ma. Ovviamente c’è sempre un ma.

Qualche anno fa ho iniziato a fare sempre lo stesso terrorizzante sogno, ad intervalli che nel tempo si sono ridotti sempre di più, arrivando al punto da farmi sentire letteralmente perseguitata dai miei incubi notturni. Niente mutande o voli senza paracadute…no, niente di tutto questo.
Io sogno gli esami di maturità. Non me li sogno come ricordo oppure come esperienza in sé. No no no, molto peggio.
Sono in una normalissima situazione della mia vita quotidiana (attuale), tranquilla e serena, quando improvvisamente mi rendo conto che la mia prova di maturità sta per avere inizio. E io non ho studiato niente. Niente di niente. E non mi ricordo neanche come si legge in greco.
E il bello di tutto ciò è appunto che nel sogno io non ho 18 anni, ne ho 27, non sono neanche a scuola, eppure non mi stupisco assolutamente di quello che sta succedendo, tutta concentrata a sfogliare con foga i libri per cercare di “imparare” nel più breve tempo possibile. In genere il sogno si conclude con un brusco risveglio che mi lascia insonne per le successive ore della notte e scioccata per il resto della giornata.

La domanda è: perché continuo a sognare questa esperienza successa quasi dieci anni fa? Perché non ho MAI sognato la discussione della tesi di laurea o uno qualsiasi degli esami all’università? Che problema ho? Liberatemene!

Dicono che una delle più grandi paure delle persone sia di dover appunto ripetere qualche importante prova del passato. Ok, ci sta, ne hanno anche appena parlato in un film  (mi pare che si intitoli “Immaturi”).
Il punto è che se per caso un giorno mi dovessero dire che i miei esami di maturità non sono validi, io mica li ripeto. Mi tengo la mia bella licenza di terza media e vado via per la mia strada, ignorantella e contenta.
Quindi basta, sto parlando con quella parte di cervello che si occupa della programmazione notturna. Puoi proprio smetterla perché non ho paura. Tsè.

Ma siamo sicurisicurisicurisicurissimi che gli esami sono sempre validi, vero?

3 mesi in 20 righe

E’ decisamente difficile aggiornare quotidianamente un blog, a meno che non sia il tuo lavoro e a meno che tu non abbia altro da fare. Il nostro Cityglimpse, che ci ha accompagnato a Parigi, Barcellona ed ora è qui con noi a Berlino, è piuttosto silenzioso ultimamente (ed è confluito in altri progetti, poverino). Non perché non ci succeda nulla o Berlino non sia abbastanza interessante da raccontare. Anzi. Forse le cose da dire sono molte di più questa volta.
Ci succedono cose belle, interessanti e inaspettate ogni giorno, c’è una moltitudine di gente con cui uscire, litigare e fare amicizia, che ci gira intorno senza sosta. E’ davvero complicato aggiornare in tempo reale. E qualche foto buttata lì saltuariamente non è abbastanza, vero?

Che fare? Direi che per questa volta, dato che tre mesi sono tanti da raccontare (tre mesi in cui probabilmente sono accadute più cose che in 25 anni nell’oscurantista zandonà), vi accontentate di un elenco. Veloce e scattante, ma non per questo meno emozionante -ed emozionato-. Per voi non lo so, ma per noi certamente sì.
Via!

 

partenza con l’influenza (e con la rima baciata), taxi color crema, alberghi-loculo e valigia aperta che vomita vestiti, freddo tanto freddo, back factory, cappuccini schifosi e pretzel per colazione (non mi stancherò mai dei pretzel), friedrichshain ombelico del mondo, lavoro? trovatosubitoallafacciadellitalia, a volte troppo forse perché non ci sono abituata, ma in fondo c’è tanta bella gente, c’è un cane e ci si sta bene anche se a guardare quel cane il tuo ti manca ogni giorno di più, frutta e cocacola, miliardi di banane e cappuccini -sempre schifosi ma dopo un po’ ci fai l’abitudine e ti senti un po’ tedesco anche tu-, tanti amici nuovi che ti fanno sentire a casa anche se quelli che hai lasciato ti mancano e speri che prima o poi vengano a trovarti, cartoline da Roma, canzoni in metropolitana, scivoloni nella doccia, locali con il pianoforte, passeggiate al freddo che qui arriva anche a menoventi, birra come acqua ed è anche ora di darci un taglio, cosmopolitan e puzza di sigarette, feste ed ogni scusa è buona, concerti e gente conosciuta per caso (scusimaleidaquantoèaberlino?25anni?ciraccontalasuastoria?), cani e bambini ovunque, cassette della posta con i messaggi per il postino, quattro parole di tedesco -vergognati! ma sto cercando un corso e ho poco tempo, passeggiate lunghissime come sempre senza meta ma belle e ricche e piene di soste, veggie burger alle 4 perché tanto qui è sempre tutto aperto tranne la domenica che sembra che i negozianti muoiano di colpo tutti assieme, domeniche piene di gente che passeggia e compra cose inutili e vecchie al mercatino di Mauerpark, documenti da fare, lettere che ti arrivano  a casa e tu le porti al lavoro per farle tradurre da qualcuno perché non ci capisci niente, ubriachi che ti parlano in tedesco nella s-bahn e nonostante tutto tu li capisci e ci fai anche un po’ amicizia, non ti perdi mai se guardi dov’è la Fernsehturm -più o meno- , ring oh ring mio adorato, insalate e china box, partite di calcetto e allergie da polvere, tagli di capelli e uscire vestiti un po’ così tantolimportanteèchenoncapiscanochesiamoitaliani, camicie come vestiti e magliette della nonna, fashion bloggers e photoshooting, e sempre queste maledette occhiaie…I’m too old for that? No, decisamente no. Come diceva il maestro Battiato (che ieri abbiamo visto al kino Babylon): cè voluto del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.

Basta? Per ora sì, c’è da lavorare.