Il cimitero di San Michele in Isola nella laguna di Venezia

Esistono luoghi che sembrano ritagliati da una dimensione magica e immobile: che io ne sia terribilmente affascinata ve l’ho detto e ridetto. Appena posso, sollevo il lembo del pesante sipario che li nasconde e, quasi di soppiatto, parto alla scoperta: il Cimitero di San Michele (che ho visitato nel 2013) è ospitato nell’omonima isoletta a un centinaio di metri al largo nella laguna veneta. Un esemplare assolutamente unico nel suo genere. Read more

I morti senza nome di Grunewald

Dove sono Minna, Nico, Mirka, Tim e Julius, dove sono i soldati senza nome e tutti quegli sconosciuti morti lo stesso giorno del 1945 ?
Che cosa pensavano mentre le bombe distruggevano Berlino rendendoli sfigurati e senza nome oppure mentre si gettavano nelle acque della Sprea oppure ancora ingoiavano la pillola fatale?
Mentre il dottore sbagliava diagnosi oppure quando cercavano di scappare da una stanza divenuta inferno?

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L’incipit di questo articolo, non sto neanche a precisarvelo, vuole imitare l’inizio di uno dei miei libri preferiti. L’“Antologia di Spoon River”, ossia quell’opera geniale che immagina di far parlare gli abitanti morti di un villaggio, raccontando dolori, pettegolezzi e rimpianti di quando erano in vita.

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Il fatto che mi piacciano i cimiteri e che io ami “ascoltare” quello che lapidi e tombe hanno da dirmi, ormai non è più un mistero: i campisanti continuano a essere i miei luoghi di esplorazione preferiti. Ve ne ho parlato tante volte e, finché ci saranno cimiteri da visitare, credo che non smetterò.

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Per arrivare a questo particolare cimitero, bisogna camminare nella foresta di Grunewald per circa un’ora e stare attenti al lugubre cartello di legno che vi indicherà la strada del camposanto nato in origine per dare sepoltura ai suicidi annegati nelle acque della Sprea e adagiati dalla corrente all’interno di una piccola lingua di terra.
Per le informazioni storiche ufficiali sul cimitero, vi rimando a questo interessante post. (poi, alla fine dell’articolo, vi riporterò una lista delle fonti che ho consultato)
Troverete in giro per la rete numerosi articoli sulla sua ospite più famosa (Nico -Christa Päffgen- cantante dei Velvet Underground) e su altre personalità tedesche più o meno note.

Se decidete di rimanere con me, invece, vi racconterò una storia che nessuno ha ancora scritto (o, per meglio dire, una storia che è stata dimenticata)E che io ho quasi paura a riportare.

 


Andiamo con ordine.
Prima di intraprendere la visita di questo luogo, è bene sapere che c’è da avere vera paura.
Io sono una fifona, si sa, ma vi assicuro che anche il paziente Alessio si è guardato alle spalle più di una volta.
[Sono pronta a giurare che i fantasmi non esistono e che sono tutte fantasie e suggestioni, poi però guardo un film del terrore e non ho coraggio di andare a lavarmi i denti da sola per una settimana, ecco].

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La giornata era splendida e soleggiata -la prima di questa primavera berlinese- ma, una volta varcata la soglia… tutto si è mostrato sotto una luce sinistra e quasi sogghignante.
Il cimitero, prima di tutto, sembra un labirinto e fa ben presto perdere l’orientamento: malgrado le sue dimensioni esigue, non sono riuscita ad immaginarne la struttura poiché le varie sezioni sono divise da siepi alte e incolte e gli stretti sentieri sono -in alcuni punti- totalmente ricoperti di edera (tanto da farvi camminare, ignari, sopra le sepolture). Vi capiterà di essere convinti di aver preso una direzione diversa e di trovarvi continuamente di fronte alla stessa tomba.
Caso? Suggestione? Distrazione?

La lapide di Minna Braun non mi ha lasciato in pace per tutta la durata della visita: spuntava a ogni curva.
[Minna B., infermiera suicida due volte per amore: nel 1919 ingoia qualche pillola, la dichiarano erroneamente morta e per un pelo non la seppelliscono viva. Inventano per le morti apparenti come la sua una bara di sicurezza che permette di sbirciare il corpo fino all’ultimo momento prima dell’inumazione. E lei che fa? Aspetta un po’, ci riprova e -questa volta- ci riesce]

In secondo luogo, io non so se fossero uccelli o topi, sta di fatto che il silenzio della foresta -ingentilito dai canti dei volatili e dal vento- è stato più volte interrotto da colpi secchi dei quali non siamo riusciti a individuare l’origine.

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Abbiamo girato per il cimitero per quasi un’ora, abbiamo trovato la tomba di Nico, le sepolture senza nome dei suicidi, le croci ortodosse dei russi imprigionati durante la guerra. Sì, insomma, ce ne stavamo quasi per andare, anche perché per me la tensione era diventata quasi insostenibile. Ormai camminavo convinta che una mano sarebbe spuntata dal terreno e mi avrebbe afferrato una caviglia. C’era il sole ma faceva freddo, l’atmosfera era lugubre e spettrale e i colpi si erano fatti più frequenti.

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“Andiamo?”
“Facciamo l’ultimo giro dai. Voglio vedere come mai lì c’è una panchina.”

Giusto. Come mai?
C’è una picccola radura, larga al massimo due metri: una panchina blu al centro e il terreno ricoperto di edera fitta.
Non si vede niente, non c’è niente… perché mai mettere una panchina proprio qui?
Guardando un po’ meglio, mi accorgo che ci sono quattro piccole tombe.
Il classico cimitero dei bambini… pensavo fosse un’usanza italiana (da brividi, lasciatemelo dire), invece si fa anche qui.
Sposto le foglie dalle lapidi e per poco non mi viene un colpo.
Prima di andare avanti, guardate con me le foto e ditemi se anche voi notate qualcosa di strano.

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23 dezember 1975.
Sono nati nel 1972 e sono morti tutti il 23 dicembre 1975. Non può essere un caso, vero?
Ce ne andiamo dal cimitero e io… non penso ad altro.
Cerco informazioni in rete: c’è qualcosina, ma nulla di veramente rivelatore. Non mi resta che aspettare -divorata dalla curiosità- e finalmente, dopo una settimana, ottengo un appuntamento in biblioteca per visionare i microfilm dei giornali dell’epoca.
[commento: individuare l’articolo IN TEDESCO che ti interessa su un microfilm che scorre e che viene proiettato IN NEGATIVO -scritte bianche su fondo blu- tornare a casa e tradurlo come se si trattasse di una versione di greco, è un affare per persone molto molto molto motivate]

Riporto qui di seguito le informazioni essenziali che sono riuscita a raccogliere. Non conosco bene il tedesco, potrebbe essermi sfuggito qualcosa e potrei avere male interpretato alcuni particolari. Lo dico subito perché:
1) Non ho trovato nulla riguardante il risultato delle indagini. Non so se qualcuno sia andato in galera e non so se siano state individuate responsabilità (e mi sembra incredibile -in caso di risposta negativa- che questo sia potuto succedere);
2) Se qualcuno avesse voglia di darmi una mano a tradurre gli articoli con più precisione, sarei felice di inviare tutto il materiale e aspettare trepidante il responso.

Berliner Morgenpost 24/12/1975
©Berliner Morgenpost 24/12/1975
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©Berliner Morgenpost 24/12/1975

Berlino Ovest, 1975, vigilia (sì, perché in Germania il Natale si festeggia il 24. Non siete sconvolti?)

In un asilo privato di Charlottenburg, si sta svolgendo una piccola festa: una mamma ha portato una scatola di candele per dare più magia all’atmosfera del Natale, i bambini osservano rapiti le fiamme, cantano, si divertono, scartano i regali. Non ci sono molti alunni in quella scuola e le maestre sono solo due. Hanno 25 e 22 anni.
L’asilo è un appartamento di due stanze al piano terra e, terminata la festicciola, verso le 11.30, le maestre si ritirano in cucina per bere il caffè.
Improvvisamente, sentono un urlo e corrono a controllare che cosa sta succedendo nella stanza sul retro ma il corridoio è invaso dal fumo e loro non possono fare altro che scappare in strada urlando.
All’interno di quella stanza ci sono cinque bambini: Julius, Wanja, Jan, Mirka e Tim.

A questo punto, succedono molte cose strane.
E, come si può dedurre dal titolo del seguente articolo, non è solo una mia impressione.
“Catastrofe in un asilo. Soccorritori impotenti, finestre sbarrate, allarme tardivo. A prendere fuoco sono stati i materassi”

Strano.
Le maestre corrono per strada chiedendo aiuto ma, probabilmente in preda al panico, non chiamano i vigili del fuoco per un altro quarto d’ora che risulterà fatale ai piccoli imprigionati nella stanza. Le prime persone a tentare di penetrare nell’asilo in fiamme, sono due operai che lavorano in un cantiere poco lontano, i quali -naturalmente- non sono per nulla attrezzati a fronteggiare situazioni di questo tipo, cercano inutilmente di passare (c’è un muro di fumo e la struttura dell’asilo non aiuta per niente) e infine provano ad entrare nella stanza passando per il cortile trovando le finestre sbarrate.
Quando i vigili del fuoco arrivano è troppo tardi e non possono fare altro che trasportare i bambini all’ospedale.

©Berliner Morgenpost 24/12/1975
©Berliner Morgenpost 24/12/1975

Strano.
Le prime indagini della polizia rivelano che le candele presenti all’interno dell’asilo sono dodici: ne vengono trovate quattro nella stanza di fronte (Ledenraüm), tre ancora inutilizzate nella scatola e due in cucina.
I bambini, quindi, avrebbero preso le candele rimaste e le avrebbero portate nella stanza sul retro (Türnraüm).
Le candele erano già accese? Non si sa.
Quello che si sa è che nella stanza sul retro, sono state trovate due scatole di fiammiferi in una posizione che tuttavia è stata dichiarata come non raggiungibile dai bambini.
nota mia: se le candele fossero state già accese, questo significherebbe che i bambini sarebbero stati lasciati senza sorveglianza a -è il caso di dirlo- giocare col fuoco. In caso contrario, invece, vorrebbe dire che i fiammiferi non erano poi così irraggiungibili.

 

Strano.
Le maestre sono in cucina quando scoppia l’incendio. Tra la cucina e la stanza sul retro c’è un estintore funzionante che, tuttavia, non viene utilizzato. Neanche un tentativo.

Strano.
I genitori dei cinque bambini (che, purtroppo, muoiono uno dopo l’altro malgrado le cure mediche), chiedono tramite un portavoce che la disgrazia non venga strumentalizzata a fini politici. (?!? Qui potrebbe entrare in gioco qualche particolare relativo alla delicata situazione politica dell’epoca… ahimè, io non sono riuscita a coglierlo e questa affermazione mi ha lasciato a dir poco basita)

Strano.
Ilse Reichel, allora Senatrice per la Gioventù e lo Sport, accorsa sul luogo della disgrazia, si affretta a sottolineare che, essendo l’asilo una struttura privata, non si tratta di qualcosa che rientra nella responsabilità dello Stato. (?!?)

Poi più nulla.
Della notizia -per quel che sono riuscita a capire- non si fa più menzione.
Voglio credere di aver capito male.
I trafiletti che appaiono nei giorni successivi -mi pare- spingono alla riflessione e purtroppo sono per me troppo ostici. Rinnovo quindi la richiesta: se qualcuno, lì fuori, conosce il tedesco un po’ meglio di me e ha voglia di aiutarmi a comprendere alcuni punti decisamente oscuri, si faccia avanti!
In cambio, posso solo offrire un invito a esplorare assieme il prossimo cimitero.

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Fonti consultate:
Berlin&Out
Historical tales about the capital of the 20th century
Berliner Morgenpost
Tages spiegel

Scontro di pugni con esplosione finale

L’altro giorno, si parlava di strette di mano.

Una volta, mica c’erano problemi: si faceva un po’ di scuoti-scuoti con un sorriso e via.
La cosa peggiore che ti poteva capitare era la mano fredda/sudata/moscia che ti dava l’impressione di prendere in mano un calzino bagnato dimenticato -per qualche motivo- in frigorifero.
Del resto, chi non mette calzini bagnati a riposare nel frigorifero?
All’estremo opposto, c’era la stretta d’acciaio che, se per caso indossavi un anello, era per sempre fatale alla funzionalità dell’arto.
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L’intervista a Fernanda Pivano del Gruppo 96

Nel 2003 ero un po’ rincoglionitella.
Avevo vent’anni, fumavo, avevo appena cominciato l’università, leggevo molto (e mai abbastanza) ma senza anima. Leggevo per il puro piacere di leggere, leggevo tutto quello che mi capitava sotto tiro e, quel che è peggio, non approfondivo. Leggevo quello che trovavo a casa o in biblioteca, finivo, mettevo da parte e prendevo subito un altro titolo. Read more

Piccola guida alla ricerca genealogica

Nel lontano 2005, durante la pausa di attesa tra la laurea triennale e l’inizio della specialistica, ho improvvisamente deciso di costruire l’albero genealogico della mia famiglia e la cosa, come prevedibile, mi è presto sfuggita di mano.
Per settimane, non ho fatto altro che rompere l’anima a preti e impiegati comunali del Triveneto per ottenere l’accesso a preziosi registri parrocchiali e atti di nascita. Ho importunato parenti anche di una certa età, intimandogli di dirmi con precisione le date di nascita e morte di antenati vissuti alla metà del 1800. Ho inviato lettere ai Depentor del mondo, obbligandoli a darmi retta e cercando di contagiarli con il mio sconsiderato entusiasmo.

Dopo OTTO anni, questo è quello che sono riuscita a ottenere… ma prima, una breve interruzione. Qui sotto, in questo box azzurro, trovate gli episodi del mio podcast “Camposanto” dedicato a tutti quelli che amano i cimiteri e le ricerche (non solo genealogiche). 
Spero che deciderete di ascoltarmi e di farmi sapere che cosa ne pensate. 

In caso contrario, scorrete in basso e troverete la mia piccola guida alla ricerca genealogica. 

Camposanto

Un podcast dedicato ai viaggiatori dell’insolito che amano visitare i cimiteri, leggere le storie scritte sulle lapidi e osservare le foto sbiadite dal tempo. In ogni puntata di “Camposanto”, vi porto alla scoperta dei cimiteri che ho visitato nei vari angoli del mondo, raccontandoveli attraverso i miei occhi e le mie sensazioni.

 

Se ve lo state chiedendo: no, non ho fatto ricerche per otto lunghi anni. A un certo punto mi sono dovuta fermare per mancanza di progressi. Alla luce di recenti scoperte – leggi: mi è venuto in mente di usare ANCHE Facebook – sono riuscita ad aggiornare il mio alberello e conto di far crescere presto qualche altra radice. O ramo. Dipende dal punto di vista)Screen Shot 2015-01-12 at 5.57.19 PM

Se avete del tempo libero e avete deciso di occuparlo in modo insensato e se vi siete messi in testa di conoscere i vostri parenti di un paio di secoli fa, cercherò di darvi qualche consiglio assolutamente amatoriale sulla ricerca genealogica.
Per una guida completa e professionale, vi rimando a questo interessantissimo post che avrei voluto avere a disposizione nel lontano 2005.

I miei consigli sono disordinati, spesso portano a dei vicoli ciechi e in molti casi sono delle ripetizioni di quanto descritto nell’articolo che vi ho linkato, ma ricalcano precisamente il mio viaggio nel tempo di questi anni.
Siete pronti? VIA!

1) Cercate di capire se appartenete tutti a una grande famiglia
Io sono stata molto fortunata perché il mio cognome è abbastanza raro e so per certo che tutti i Depentor sono in qualche modo collegati tra loro. Questo facilita enormemente le cose e vi permette di ottenere maggiore precisione nella determinazione delle parentele.

2) Stabilite un punto di partenza e scrivete tutto quello che sapete
Partite dalla vostra famiglia e procedete con ordine. Io ho scritto il mio nome e da lì ho iniziato a ramificare:
– fratelli, genitori, zii, nonni;
– fratelli dei nonni (i prozii), figli dei prozii (cugini dei vostri genitori e vostri secondi cugini), figli dei cugini (terzi cugini) e così via: si tratta di persone quasi sempre viventi quindi, anche se non li conoscete personalmente, c’è sempre qualcuno che sa tutto.
E qui andiamo direttamente al terzo punto.

3) Individuate il vostro soggetto onnisciente
La mamma, lo zio, la nonna, la prozia, il nonno.
C’è sempre un parente che sa tutto: chiedere a lui/lei è quasi sempre garanzia di successo, di informazioni precise e di indiscrezioni succulente. Ci sono parenti che si ricordano tutto, conoscono i nomi dei figli dei cugini e anche dei figli dei figli e anche degli animali domestici. Cercate di capire chi è la vostra fonte di conoscenza e un quarto del lavoro è già fatto.

4) Scrivete tutto, anche quello che vi sembra poco importante
Grazie ai ricordi del mio soggetto onnisciente (la zia Anna, zia di mio papà), sono riuscita a risalire alla famiglia del mio bisnonno e ho scoperto tante cose che non si possono trovare nelle fonti ufficiali: il mio bisnonno, ad esempio, aveva due sorelle gemelle morte premature e mai registrate in anagrafe. Questo mi ha fatto drizzare le antenne e notare che tra i Depentor ci sono tante coppie di gemelli (la zia Anna ha due gemelle e una di loro ha avuto due gemelli. Andando a ritroso, poi, ne ho trovati molti altri). Questo è molto interessante per l’albero genealogico e molto utile anche per voi.
Una volta stabiliti i nomi dei fratelli del vostro bisnonno (che sono i vostri… bisprozii… boh?), potrete scendere di nuovo e arrivare fino ai giorni nostri, individuando figli, nipoti e figli di nipoti che, certo, sono parenti lontanissimi ma meritano comunque di venire inseriti nell’albero. Per ottenere questi nomi, dovrete individuare altri soggetti onniscienti: nel mio caso, dato che quel ramo della famiglia vive in Piemonte, mi sono affidata ad una prozia che vive a Vercelli e che conosce tutti.

A questo punto, la costruzione dell’albero genealogico diventa più difficoltosa.
Siamo arrivati ai bisnonni: se voi non li avete conosciuti, sicuramente li ha conosciuti qualche membro vivente della famiglia.
Per andare a ritroso, le cose si complicano: SONO TUTTI MORTI.
A chi chiedere? Come ottenere le informazioni?

È giunto il momento di:

5) Diventare amici del prete
6) Diventare amici degli impiegati comunali
I Comuni hanno iniziato a registrare nascite e morti a partire dall’Unità d’Italia (1861): questo significa che tutto quello che viene prima è nelle mani delle parrocchie che, se vi va bene, hanno riportato con sufficiente precisione date di battesimi, matrimoni e funerali.
Il problema, con i preti, è che – inspiegabilmente – sono gelosi dei loro preziosi registri e non vi lasciano alcuna libertà d’azione. Ecco perché dovrete farveli amici: solo così, riuscirete a convincerli a leggere gli antichi registri sotto i vostri occhi, dandovi il tempo di prendere appunti e, se sono proprio in buona, di fare anche qualche fotocopia.
Ecco – più o meno – che cosa troverete in un registro parrocchiale e perché sarà utilissimo alla vostra ricerca:

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13 maggio 1857 > con ogni probabilità, questa non è la data di nascita di Teresa, bensì la data di battesimo che – stiamo parlando di quasi due secoli fa – potrebbe essere avvenuto qualche giorno o qualche mese dopo la nascita. Non spaventatevi, quindi, se nel registro comunale (non in questo caso perché la data è comunque precedente al 1861 ma in generale) le date non coincideranno.

Depentor Teresa dei siffatti (suddetti?) coniugi Candido fu Sante e Santa Moscatello > BUM! In un colpo solo, tre generazioni!
Teresa di Candido (figlia di Candido) fu Sante (figlio del defunto Sante, il nonno di Teresa!).
Inoltre, ci sono anche il nome della mamma e dei padrini (Giuseppe Depentor e Anna De Zotti). Tutte informazioni utilissime quando sarà ora di raggruppare le famiglie e fare ipotesi di parentela: il vostro alberello inizia a fare le foglioline!

Diciture quali “battesimo di emergenza” oppure omonimie in fratelli della stessa famiglia nati a pochi mesi di distanza, vi daranno solo una vaga idea del drammatico tasso di mortalità infantile dell’epoca.

Ricordate che i registri parrocchiali, ahimè, sono difficili da consultare non solo per la ritrosia del clero: quello che vedete qui sopra è un esempio molto ben conservato che ha attraversato due guerre mondiali e diverse alluvioni. Aggiungeteci la fretta che vi mettono perché – a quanto pare – hanno sempre qualcosa di più importante da fare e l’impossibilità di rimanere lì con calma a decifrare le antiche calligrafie.
L’unico sistema sarebbe ottenere un’autorizzazione per consultare i registri da soli ma nessuno è stato capace di dirmi come farne richiesta. Ci sto lavorando.

La stessa cosa vale per gli uffici anagrafe dei Comuni, di difficile accesso per i seguenti motivi:
– gli uffici anagrafe hanno molte altre cose urgenti da fare e gli impiegati non sono lì a vostra disposizione per le ricerche genealogiche;
– in Comune, otterrete certificati di nascita, di morte, di matrimonio. Quasi impossibile, quindi, andare lì e dire “Ciao, mi guardate a mano tutti i vostri registri?”. L’alternativa è fare una richiesta ufficiale via mail ma le tempistiche sono sempre molto lunghe.
[Alcuni Comuni hanno attivato un servizio di ricerca online ma è necessario aprire un account e ottenere l’approvazione. Tempistiche lunghe anche in questo caso. Vi consiglio di chiamare direttamente l’anagrafe e chiedere.]

Il trucco è andare lì quando c’è poca gente (un sabato mattina, ad esempio) e, con tanta tanta gentilezza e faccia tosta, insistere affinché tirino fuori tutti gli antichi tomi.
Insistere, incalzare e non mollare la presa finché non hanno guardato tutto quello che vi serve. E se vi dicono che non hanno tempo, chiedere di fissare un appuntamento. Vi assicuro che, pur di liberarsi di voi, cederanno.
Per questioni di privacy, è altrettanto difficile (se non impossibile) ottenere un’autorizzazione a consultare i registri in solitaria.
Per me è inspiegabile, dato che si sta parlando di persone morte cento anni fa, ma così mi è stato detto.
Alcuni impiegati comunali, inoltre, per verificare la vostra parentela effettiva, vi faranno domande a bruciapelo tipo interrogazione scolastica.

Esempio di conversazione telefonica avvenuta mezz’ora fa:
“Sì, le assicuro che Carlo è mio nonno”
“Carlo figlio di?”
“Camillo!”
“Camillo figlio di?”
“Luigi!”
“Nato nel?”
“…1881!”
Il tutto, con l’enorme albero genealogico dispiegato sul pavimento tipo mappa del tesoro.
Non si fidava. Quindi preparatevi!

Leggendo i registri comunali, avrete conferma di quanto già stabilito sui registri parrocchiali (ricordate la possibile discrepanza di date di cui vi parlavo prima), scoprirete il mestiere dei vostro avo (“villico”, “bracciante”, “portavino”) ed eventuali emigrazioni.
Quest’ultimo elemento è particolarmente importante: i registri riportano la data dell’emigrazione e anche l’indirizzo indicato nel paese straniero. (Vi siete mai iscritti all’AIRE? Questo è il suo predecessore! Per informazioni su come svolgere una ricerca genealogica presso un’ambasciata estera, vi rimando a questo post).
Grazie a questo, avrete un altro punto di partenza per continuare la ricerca.
Io sono riuscita ad individuare la parentela con alcune persone (trovate in Facebook) i cui avi erano emigrati in Brasile nel 1887. Lo stesso vale per quelli emigrati in Svizzera, Germania e Francia.

Sapete che esistono ma non sapete come sono collegati a voi. A questo quesito risponderà il vostro amico impiegato comunale.

7) Usate internet
Ma come? Internet arriva solo al punto 7?
Sì: ricordatevi che ho iniziato nel 2005. Certo, internet c’era ma le informazioni utili per il mio albero genealogico erano ancora scarse.
Ecco come l’ho utilizzato dal momento in cui ho ricominciato la mia ricerca (che, come vi avevo anticipato) si era interrotta fino a qualche settimana fa.

Facebook /Twitter/LinkedIn/social network di vario genere: facile e veloce, non sto neanche a spiegarvi come fare;
Elenchi telefonici del mondo: per ottenere anche l’indirizzo completo e spedire eventualmente una lettera;
Google: scoprirete elenchi di soldati morti durante le guerre, liste di passeggeri di navi dirette in America Latina, archivi di leva e molto molto altro.
Ecco qualche esempio (poi, alla fine, vi scrivo tutti i siti utili):

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Perfezionando la vostra ricerca (attraverso immagini/mappe/file in .pdf, tanto per fare qualche esempio) scoprirete anche vecchie fotografie e libri nei quali sono citati i vostri avi (nel mio caso, è stato più difficile perché “depentor” significa “pittore” quindi a volte si trova in posti in cui non c’entra nulla… ma dopo un po’ ci si fa l’occhio!), e addirittura vie dedicate ai vostri antenati!

Grazie a questo sistema, ho scoperto varie curiosità: un certo Mario Depentor che è stato “l’ultimo mitico pescatore sul Piave”, il mio bisnonno Camillo che è andato a protestare a Roma perché gli avevano tagliato la pensione di guerra, lo specchio d’acqua denominato non ufficialmente “busa dei [De] Pentor” vicino a Treviso.
E se l’ho scritto staccato, non si tratta di un caso: vi capiterà molto spesso di trovare variazioni di questo tipo sulla vostra strada.
Il mio cognome, nel corso dei decenni, è stato cambiato e manipolato a seconda di chi lo trascriveva sul registro: Depentor, De Pentor, Depentori… addirittura Pentor!

“De chio ‘sto putel?” [“di chi è questo bambino?]
“Depentor!”
“Dei Pentor? Bon!” 
…e scrive Pentor.

Una volta non andavano tanto per il sottile: sulla tomba dei miei bisnonni (che, voglio dire, sono morti l’altro ieri non novant’anni fa) il cognome è scritto staccato, tanto per fare un esempio.
Questo, per farvi capire che dovete mantenere gli occhi e la mente aperta: se non siete sicuri di un parente, tenetelo da parte e, se c’entra qualcosa, prima o poi si rivelerà nel suo splendore, con cori angelici in sottofondo.

8) Andate in gita
A questo punto, la vostra ricerca si è allargata geograficamente e vale la pena di andare a visitare i luoghi che avete trovato per cercare le tracce dei vostri avi. No, non vi sto suggerendo di andare in giro per la città a chiedere se per caso qualcuno si ricorda di un cantante lirico vissuto lì cinquant’anni prima (ricordate la ricerca del mio bisnonno di Berlino?) ma semplicemente di andare a dare un’occhiata a cimiteri e monumenti ai caduti, fonte preziosissima e precisa di informazioni, nomi e date.
Una risorsa molto utile ai fini della vostra ricerca è fornita dalla Banca Dati del Ministero della Difesa che, naturalmente, conserva tutti i record dei caduti durante le Guerre mondiali. A questo link, troverete il modulo da compilare per richiedere le informazioni che vi servono.

9) Usate i siti specializzati
Mi riferisco ai vari Ancestry, MyHeritage e via dicendo, utilissimi perché vi permettono di incrociare i vostri alberi genealogici con quelli di altre persone che ci hanno provato prima di voi. Anche qui, basta digitare il vostro cognome: se nessuno ha messo nulla, naturalmente rimarrete a bocca asciutta.
Io ho avuto fortuna e ho trovato addirittura una fotografia di una mia antenata nata nel 1872.
Si tratta di siti a pagamento che, tuttavia, vi concedono un periodo gratuito di prova: sfruttatelo!

Altra risorsa imperdibile (che comunque vi linko anche alla fine) è costituita dal meraviglioso archivio “Antenati”, curato dal Ministero dei Beni Culturali,  che mette a disposizione tutte le pagine scansionate degli archivi napoleonici di stato civile. Vi avviso, però: è un sito che crea dipendenza!

10) Riflettete
Procuratevi un grande foglio sul quale trascrivere le vostre scoperte: non trascurate le ipotesi e i nomi dei parenti che non riuscite a collocare nelle varie famiglie. Appendete il foglio al muro e ogni tanto guardatelo e riflettete.
Il mio albero genealogico è rimasto appeso per anni accanto al tavolo della cucina: ogni tanto, a furia di trovarselo di fronte di continuo, a qualcuno veniva l’illuminazione.
Vi assicuro che è una grandissima soddisfazione sistemare i tasselli al posto giusto!

Prima di salutarvi, e con la speranza di vedere presto i vostri alberi genealogici, vi lascio qualche sito utile alla vostra ricerca.
Non esitate a scrivermi per maggiori informazioni: buon divertimento!


ELENCO IN AGGIORNAMENTO

Solo per il Veneto:
Archivio di stato (Venezia)
liste di emigranti veneti in Brasile

Per tutti:

Antenati, il sito contenente tutti gli archivi napoleonici di stato civile scansionati (da passarci giorno e notte!)
liste caduti italiani in Russia
– caduti della Grande Guerra
caduti italiani delle Guerre mondiali (Ministero della Difesa)
– Family Search
(utile risorsa per documenti storici)
Ancestry
– MyHeritage (perfetto per costruire l’albero genealogico: è possibile anche scaricare un software)
Fondazione Ellis Island  (se i vostri avi si sono trasferiti negli USA)
Centro per gli studi sull’immigrazione italiana

I miei libri del 2014

Come recita il noto proverbio, “l’anno non finisce senza la famosa lista dei libri di The Blooker”.
Lei che non ama il Natale, lei che vorrebbe nascondersi quando le prime luminarie iniziano a far capolino sulle strade, lei che cade nella trappola di amici e parenti “NO, quest’anno niente regali” ed è sempre l’unica a prenderla sul serio e a presentarsi a mani vuote.
LEI. Che in questo momento sta parlando di se stessa in terza persona, che se ne è appesa resa conto e che adesso promette che smetterà in modo violento e traumatico. Read more